"La luce vuole il cristallo"
- Paul Scheerbart
Paul Scheerbart, con il suo breve trattato architettonico “Glasarchitektur” del 1914, segna la
fine della civiltà dell’intérieur borghese, fatta di schermi tra un fuori e un dentro, pesanti
tendaggi, ombre e nascondigli. Celebra il passaggio alla nuova «civiltà del vetro», materiale
che, nelle parole di Walter Benjamin è «il nemico del segreto» e impone la trasparenza.
Scheerbart non si limita ad esaltare l’utilizzo del vetro per il suo valore puramente estetico,
ma ne analizza anche la dimensione socio-antropologica, associando la condotta umana alla
quantità di luce assorbita: una società che utilizza materiali trasparenti vive nella luce ed è
quindi più evoluta.
Nel corso dei miei anni universitari ho interiorizzato e rielaborato gli insegnamenti di
Scheerbart e ciò ha prodotto un profondo interesse non solo per il vetro, ma per tutti i
materiali trasparenti e traslucidi. La mia indagine si focalizza sul rapporto tra la trasparenza
e l'opacità, analizzando la sovrapposizione di diversi livelli narrativi, studiando la capacità di
una superficie diafana di svelare gli oggetti retrostanti, agendo come filtro tra il mondo e la
luce. Nella sovrapposizione gli elementi vengono trasfigurati, sfumati, diffusi, mutano in
base alla luce per diventare qualcosa di completamente nuovo.
Mi sono ritrovata ben presto ad un punto dove la realtà, con le sue leggi fisiche
imprescindibili, stava unificando i miei risultati, rendendoli fin troppo prevedibili. Ciò mi ha
spinto, negli ultimi anni, a spaziare nell'arte digitale: i programmi di rendering e di
intelligenza artificiale sono diventati il mezzo con cui opporsi quotidianamente a tali
limitazioni materiali. L’intelligenza artificiale crea forme sulla base di ricerche semantiche,
attraverso input testuali (prompt) che permettono all’algoritmo di creare un’immagine o di
produrne infinite variazioni. L'esito di questo processo non è completamente prevedibile e
lascia spazio all'elemento sorpresa: inizia con un'idea, un’immagine sommaria, digerita poi
dall'intelligenza artificiale e infine rimaneggiata con programmi di rendering. In questo
modo si raggiunge un equilibrio tra ordine e caos, tra ricerca e scoperta.
Valentina Mondini
Architetto e 3d artist.
- Paul Scheerbart
Paul Scheerbart, con il suo breve trattato architettonico “Glasarchitektur” del 1914, segna la
fine della civiltà dell’intérieur borghese, fatta di schermi tra un fuori e un dentro, pesanti
tendaggi, ombre e nascondigli. Celebra il passaggio alla nuova «civiltà del vetro», materiale
che, nelle parole di Walter Benjamin è «il nemico del segreto» e impone la trasparenza.
Scheerbart non si limita ad esaltare l’utilizzo del vetro per il suo valore puramente estetico,
ma ne analizza anche la dimensione socio-antropologica, associando la condotta umana alla
quantità di luce assorbita: una società che utilizza materiali trasparenti vive nella luce ed è
quindi più evoluta.
Nel corso dei miei anni universitari ho interiorizzato e rielaborato gli insegnamenti di
Scheerbart e ciò ha prodotto un profondo interesse non solo per il vetro, ma per tutti i
materiali trasparenti e traslucidi. La mia indagine si focalizza sul rapporto tra la trasparenza
e l'opacità, analizzando la sovrapposizione di diversi livelli narrativi, studiando la capacità di
una superficie diafana di svelare gli oggetti retrostanti, agendo come filtro tra il mondo e la
luce. Nella sovrapposizione gli elementi vengono trasfigurati, sfumati, diffusi, mutano in
base alla luce per diventare qualcosa di completamente nuovo.
Mi sono ritrovata ben presto ad un punto dove la realtà, con le sue leggi fisiche
imprescindibili, stava unificando i miei risultati, rendendoli fin troppo prevedibili. Ciò mi ha
spinto, negli ultimi anni, a spaziare nell'arte digitale: i programmi di rendering e di
intelligenza artificiale sono diventati il mezzo con cui opporsi quotidianamente a tali
limitazioni materiali. L’intelligenza artificiale crea forme sulla base di ricerche semantiche,
attraverso input testuali (prompt) che permettono all’algoritmo di creare un’immagine o di
produrne infinite variazioni. L'esito di questo processo non è completamente prevedibile e
lascia spazio all'elemento sorpresa: inizia con un'idea, un’immagine sommaria, digerita poi
dall'intelligenza artificiale e infine rimaneggiata con programmi di rendering. In questo
modo si raggiunge un equilibrio tra ordine e caos, tra ricerca e scoperta.
Valentina Mondini
Architetto e 3d artist.
Programmi: 3DS MAX, Dall-E 2, Photoshop






